A conferma di un malessere crescente diffuso in tutti i Paesi europei, nelle elezioni di ieri in Polonia hanno vinto partiti e movimenti antieuropeisti. Un'analisi attenta indica che le cause non sono di carattere economico.
La Polonia ha goduto in questi anni di uno straordinario ritmo di sviluppo con aumenti particolarmente elevati del reddito nazionale e dei posti di lavoro, da fare invidia a un paese come il nostro che registra oggi un tasso di disoccupazione del 12%, ben superiore all'8% della Polonia.
Né il risultato può essere interpretato come una protesta nei confronti della moneta unica, giacché la Polonia non fa parte dell'area dell'euro.
Probabilmente la questione dell'immigrazione ha avuto un peso importante nell'esito delle elezioni, così come avviene in altri paesi che oggi si trovano sulla rotta dei profughi dal Medio Oriente. Ma neppure l'immigrazione spiega tutto.
Vi è qualcosa di più. Il di più è una diffusa ostilità della pubblica opinione in tutti i paesi dell'Europa centro-orientale, entrati nell'Unione europea dopo la fine del comunismo, nei confronti delle istituzioni europee.
Da esse promanano delle limitazioni di sovranità che in tutta Europa provocano delle reazioni ostili, ma che, in queste terre, fanno tornare in mente la sovranità limitata dei tempi dell'Unione Sovietica.
C'è un solo modo di affrontare l'emergere sempre più forte di questi stati d'animo antieuropei che ormai accomunano la maggior parte dei Paesi dell'Europa centro orientale, dai Paesi scandinavi alla Gran Bretagna. Bisogna immaginare istituzioni europee più leggere e meno invasive che restituiscano agli stati nazionali una maggiore quota di sovranità. E tuttavia muovere in questa direzione...
Professore ordinario di Politica economica all'Università di Catania dal 1980, in aspettativa per mandato ...
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