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29 ottobre 1922, Ippodromo San Siro: cronaca dell’altra Marcia

di Piero Valesio

L’aria era strana a Milano, quella domenica. E a tratti pioveva a dirotto. Da sette giorni il tempo era stato inclemente, nel nord dell’Italia. Tanto che a Torino, per vedere il match del campionato di calcio “riunificato” (dopo la scissione fra federazioni dell’anno precedente) della Juventus sul nuovo campo di Barriera Orbassano, a poche centinaia di metri da dove poi sarebbe sorto lo stadio Mussolini, non c’erano poi moltissimi spettatori. Che il meteo, quel 29 ottobre, fosse perturbato era un dato importante per molti. Per le camicie nere che in quelle ore assediavano Roma per dare vita di fatto al colpo di Stato che avrebbe consegnato il Paese nelle mani del fascismo; ma anche per gli appassionati di ippica che, mentre lo stesso futuro Duce raggiungeva Roma, si erano recati all’Ippodromo di San Siro per una giornata di corse.

Milioni di italiani sentivano e respiravano quell’aria pesante. Ma gli spettatori-scommettitori di San Siro non sospettavano che sarebbero diventati la metafora di quell’Italia che poi divenne fascista per convenienza o semplice indifferenza. In un’Italia intrisa di violenza, l’Ippodromo di San Siro divenne scena di un episodio violento e clamoroso proprio perché con la Marcia su Roma non c’entrava nulla; si trattava di motivi sportivi e di scommesse, mentre il resto del Paese andava a fuoco.

La storia ha un qualcosa di comico se non fosse che una comica non fu e che il clima di quelle ore non induceva al riso, se non per quelli che stavano sovvertendo l’ordine dello Stato. Il Premio “Molino delle Armi” era l’ultima corsa della giornata. Il cavallo favorito era Danglaria mentre su Magnolia quasi nessuno aveva puntato le proprie lire. Successe che la gara prese il via e lo starter diede partenza valida. Il controstarter (una sorta di guardalinee dell’ippica) confermò con la bandierina abbassata. Peccato che lo starter, tal Centanin, pochi attimi dopo si accorse che Magnolia era rimasta al palo, cambiò idea e diede il segnale di gara interrotta. Scoppiò il caos: chi era in testa non si rese conto del cambio di decisione dello starter e fu avvertito da chi stava dietro. Cavalli e fantini tornarono sulla linea di partenza: mentre tra gli spettatori montava la rabbia (chi aveva scommesso su Danglaria riteneva che la ripetizione della partenza avrebbe danneggiato il cavallo favorito), venne data una nuova partenza: il favorito restò nelle retrovie e a vincere fu Magnolia.

Mentre sull’Italia si abbatteva la violenza politica dei fascisti, su San Siro si abbatté quella degli scommettitori, e non solo loro, che si sentirono truffati e che diedero l’assalto alla sala del peso. Le cronache riferiscono che di una qualche rappresentanza di forza pubblica non c’era manco l’ombra: visto quanto stava succedendo ovunque non c’è di che meravigliarsene. Gli inviperiti spettatori distrussero tutto quanto trovarono sul loro cammino mentre lo starter Centanin fece perdere le sue tracce. I disordini, scatenati da una piccola parte degli spettatori ma che secondo altri furono “partecipati” da un numero di persone più elevato, si protrassero a lungo.

Fu quella di San Siro la più intempestiva e tutto sommato assurda manifestazione di violenza legata ad un evento agonistico nella storia del secolo scorso? È possibile. Molto tempo prima che il tifo sportivo venisse in qualche modo infiltrato e plasmato dall’estremismo politico, i fatti di Milano, indotti anche dalla congiuntura economica difficile dell’epoca, furono figli di quello stesso approccio violento alla realtà di cui si facevano forti i fascisti oppure un tentativo, magari inconscio, di rimuovere la violenza circostante tuffandosi in quella più innocua o personale legata ad una corsa di cavalli e ad una scommessa andata male? O piuttosto, a volte, la violenza nello sport altro non è che l’affiorare spontaneo di un flusso assai pericoloso che corre sotto la società, come il magma cattivo di Ghostbusters nelle fogne di New York? Forse pensarlo è solo un’esagerazione. Forse.


Piero Valesio è nato a Torino 61 anni fa. Giornalista dal 1985 ha seguito Olimpiadi e grandi eventi sportivi per il quotidiano Tuttosport. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e curato la comunicazione degli Internazionali di tennis di Roma. Ha firmato rubriche per Sport Mediaset e scritto per Il Messaggero. Attualmente scrive del rapporto fra sport, serialità e tecnologia sul sito specializzato Sport In Media e di attualità tennistica su Ok tennis.

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