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Distopico, fantastico, premonitore, “I donatori di sonno” di Karen Russell

Neanche il tempo di sfogliare la prima pagina ed è già emergenza assoluta: gli Stati Uniti sono tenuti svegli da un’epidemia di insonnia, gli americani non riescono più a dormire. Migliaia di persone si consumano senza sonno per giorni e giorni, fino a che il loro corpo non ne può più, fino ad impazzire e morire. Ad arrivare in soccorso, in una Pennsylvania non così inverosimile, non è l’ambulanza del 911 ma il “Furgosonno”, un veicolo perfettamente attrezzato per prelevare la materia prima perduta da chi è disposto a donarla. La grande scoperta scientifica infatti è che i bambini, soprattutto i bambini, possono regalare il loro sonno, purissimo perché privo di incubi.

Siamo dentro a I donatori di sonno della scrittrice americana Karen Russell con l’efficace traduzione di Martina Testa, Edizioni SUR. Il romanzo arriva in Italia solo quest’anno ma è in realtà del 2014 e, se pensiamo alla pandemia da coronavirus, ci possiamo soltanto stupire di quanto la letteratura possa essere premonitrice, e di quanto i libri parlino di noi raccontando vite inventate.

Ora, a definirlo romanzo distopico certo non si sbaglia, ma non lo è fino in fondo, anzi forse lo è in apparenza. La distopia è solo lo scenario, il contesto fantastico che autorizza una narrazione diversa, più libera. A turbare è naturalmente il dramma contingente, un intero continente stremato, l’angoscia emotiva che sconvolge abitudini, relazioni, sentimenti dei personaggi. Però poi, non sviluppando una vera e propria trama, il libro si trasforma pagina dopo pagina in qualcos’altro; il racconto si “scioglie”, si addolcisce mentre accompagna con occhio incombente ma tenero – quasi una telecamera fissa – la protagonista Trish e il suo travaglio interiore nel prendere coscienza dell’intrinseco valore di un dono, di quale ne sia la vera essenza. Da qui avanzano interrogativi fondamentali: anche sotto il ricatto di una catastrofe esistono dei limiti nel chiedere aiuto? Chiedere comunque forzando la mano, attraverso il pietismo che instilla inevitabilmente l’altrui senso di colpa, non è un po’ come praticare un’estorsione? Che limite ha la libertà individuale di fronte al bene collettivo? E infine, cosa comporta rischiare in prima persona e prendere decisioni quando il confine tra bene e male si fa più sottile?

Karen Russell

Mentre le pagine fantasticano di veglie e sonni tra “Nottopoli” e sconfinati campi di papaveri, Trish arriva a comprendere che gli incubi possono essere vinti solo restando umani, e che le emozioni, gli stati d’animo, il dolore, la gratuità sono veri solo se puri, proprio come i sogni dei bimbi. Non c’è virus né tragedia che possa piegare l’integrità morale, cancellare la dignità, sporcare i sentimenti più belli.

“La natura della richiesta può corrompere la purezza del dono, del sonno regalato?” È proprio questa, dunque, la domanda centrale del libro, non a caso riportata nella quarta di copertina. La penna di Karen Russell dà la sua risposta netta, e gli incubi che farà nascere nel lettore forse non gli faranno perdere il sonno, ma certamente lo costringeranno a prendere posizione, e potrà non essere facile. È un libro che non fa paura ma fa pensare. E se un libro ha qualcosa da dirci, se ci muove, vuol dire che non è stato scritto, e letto, invano.


Filippo Bocci, laureato in Lettere, scrive di letteratura, cinema, teatro. Segue gli sviluppi e le tendenze della letteratura italiana e internazionale, recensendo, fra l’altro, le opere di nuovi talenti della poesia e della narrativa contemporanee. Numerosi suoi articoli sono pubblicati sul magazine on-line B-hop. Nel 2019 ha dato alle stampe «Padre Crippa un sacerdote militante. Un prete “sindacalista” al fianco delle colf», edito dalla Fondazione intitolata al religioso dehoniano.

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