di Giorgio La Malfa
Il Giorno, Il Resto del Carlino e La Nazione, 9 aprile 2016
Nel documento di Economia e Finanza approvato ieri, il Governo ha dovuto rivedere al ribasso le previsioni di crescita per il 2016. Ancora nell’autunno scorso la previsione era che il reddito sarebbe cresciuto dell’1,6%; oggi la previsione ufficiale indica un aumento nel 2016 dell’1,2%. Una correzione al ribasso del 25% in pochi mesi è rilevante, ma è ancora una valutazione dello stato dell’economia italiana più ottimistica di quella della maggior parte degli osservatori che ritengono assai difficile, alla luce dell’andamento quasi piatto del reddito nel primo trimestre 2016, che quest’anno la crescita possa superare l’1%.
Perché il Governo ha scelto di attestarsi su una previsione che sarà molto probabilmente costretto a rivedere al ribasso entro qualche mese? La risposta è nel problema degli impegni che discendono dal cosiddetto “fiscal compact”.
Esso richiede all’Italia di azzerare entro un paio di anni il deficit del bilancio pubblico, il che appare difficile.
Ma soprattutto chiede che a partire dal 2016 cominci a scendere il rapporto fra il debito pubblico e il prodotto interno lordo. Nel settembre scorso il Governo aveva annunciato che, in relazione alla crescita del reddito allora ipotizzata, il rapporto debito/Pil sarebbe sceso da 132,8 nel 2015 a 131,4 nel 2016 e a 127,9 nel 2017. Era la prova, per il Governo, che la sua politica funzionava: dava all’Italia qualche accenno di ripresa economica e indicava all’Europa che i nostri conti erano in via di raddizzamento.
Oggi le cose non stanno più così: il governo scrive che il rapporto debito/Pil, che ha concluso il 2015 a 132,7, scenderà nel 2016 a 132,4: una riduzione minuscola, ma che va ancora nella direzione chiesta dall’Europa. Se però invece di ipotizzare per quest’anno una crescita dell’1,2%, il Governo avesse scritto, per esempio, 1% (che è comunque più di quanto prevedano altri ossservatori), ne seguirebbe che il rapporto debito/Pil, invece di apparire in calo, sarebbe, sia pur di poco, in crescita.
E sarebbe evidente che con le politiche finora fatte non solo l’Italia cresce poco, ma non riesce neppure a mettere in ordine i suoi conti. E il Governo si troverebbe a fronteggiare una richiesta europea di nuovi tagli e di maggiore austerità. Mentre si avvicinano molte scadenze elettorali.
Ecco perché nei palazzi della politica devono avere concluso che è meglio una previsione da correggere domani al ribasso, piuttosto che una previsione più accurata che costringerebbe a fare i conti con essa fin da oggi. Cosi va il mondo.