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Riavviare la crescita e ridurre il debito: le sfide della politica

di Giorgio La Malfa,
Il Mattino, 27 dicembre 2019 ”

Cari amici,

vi allego un mio articolo apparso stamane sul Mattino sulla legge di bilancio approvata nei giorni scorsi. il mio giudizio è che essa è del tutto inefficace rispetto al duplice problema dell’economia italiana: la ripresa economica, la riduzione del rapporto debito-PIL. Il mio suggerimento al Governo è di riconoscere che la legge di bilancio ha avuto come unico obiettivo quello della sterilizzazione dell’aumento dell’IVA e concentrarsi sull’elaborazione di un vero progetto di politica economica, senza il quale l’Italia continuerà a camminare sull’orlo del precipizio di una crisi del debito pubblico.

Una impostazione seria e fondata della politica economica: un piano triennale – come si sarebbe chiamato un tempo – avrebbe fra gli altri vantaggi quello di aprire una discussione in Parlamento e di costringere l’opposizione a uscire dalla genericità della promessa di una riduzione fiscale e entrare nel merito della compatibilità delle proprie proposte con le regole europee – il punto su cui la Lega potrebbe perdere una parte dei consensi che le vengono dall’Italia produttiva.

Colgo l’occasione per fare a tutti gli amici i miei più affettuosi auguri di buon anno

Giorgio la Malfa

 


 

Fra pensanti scambi di accuse fra maggioranza e opposizione, alla vigilia di Natale le Camere hanno definitivamente approvato la legge di bilancio per il 2020. Ormai si ripete ogni anno, a parti invertite, una bagarre sulla violazione delle prerogative del Parlamento per l’uso del voto di fiducia sulla manovra che elimina la possibilità di emendare i testi e per la com- pressione dei tempi della discussione.

Questi scontri in larga misura oscurano e prescindono dal merito delle questioni. Continua a pag. 43 È dunque il caso di tornare, a bocce ferme, sulla manovra di politica economica del Governo Conte e fare il punto sulla situazione e sulle prospettive economiche del Paese. Quella che è stata approvata è una manovra di sprechi e di tasse destinata ad aggravare le condizioni dell’economia italiana, secondo l’accusa veemente mossa al governo dalle opposizioni? O rappresenta un passo iniziale per la ripresa economica, come vorrebbe la maggioranza? La verità sta nel mezzo.

Come mostrano in maniera convincente i dati contenuti in una recente elaborazione del Centro studi sull’economia reale guidato dal professor Mario Baldassarri, il bilancio che le Camere hanno approvato non contiene mi- sure che avranno gli effetti depressivi denunciati dalle opposizioni, ma non ha praticamente alcun effetto espansivo, come invece vorrebbe la maggioranza. È un bilancio sostanzialmente irrilevante dal punto di vista della politica economica. Non ha effetti danno- si, ma non contiene stimoli alla ripresa. Lascia le cose suppergiù come sarebbero andate senza la legge di bilancio.

Non è un bel quadro, dato che l’economia italiana è ferma da oltre un anno e non dà segni di ripresa, mentre torna a crescere la disoccupazione e aumentano i casi di crisi aziendali che comportano flessioni dell’occupazione, specialmente al Sud dove le condizioni sociali rimangono molto gravi. L’Italia avrebbe avuto bisogno di una spinta alla ripresa,che non riceverà da questo bilancio, mentre continuerà a crescere, seppure più lentamente che in anni recenti, il rapporto fra il debito pubblico e il Pil.

Ci avviciniamo quindi a una zona di pericolo. Il governo può sostenere che l’eredità ricevuta dai precedenti governi, l’ultimo dei quali composto dalla Lega e dai Cinque Stelle, non gli lasciava alternative: era stato contratto un impegno verso l’Europa di aumentare l’Iva per una cifra di oltre venti miliardi di euro che bisognava sterilizzare per evitare un vero effetto depressivo derivante da un aumento del prelievo fiscale sui consumi finali. Né vi erano, dopo anni di futili polemiche verso le istituzioni europee, margini per un assenso europeo a un maggior deficit con cui stimolare la domanda.

Riuscire a evitare l’amento dell’Iva, se non può essere presentata come una riduzione effettiva della pressione fiscale, come si è sentito dire in qualche dichiarazione incauta di esponenti della maggioranza, può essere considerato come un passo indispensabile per prevenire un aggravamento della situazione economica del Paese. Resta il fatto che è irrisolto il nodo della stasi economica del Paese, delle cause di essa e dei rimedi.

È come se fossimo all’anno zero del- la politica economica del governo. Ma oltre al dato di fatto negativo di una perdurante sostanziale stagnazione economica, vi è il nodo del debito pubblico. Il problema è in questi termini: per effetto del deficit di bilancio e della bassa crescita, anche quest’anno il rapporto fra il debito pubblico e il reddito nazionale cresce. Non vi è un livello specifico oltre il quale si determina necessariamente una crisi del debito pubblico. Bisogna tenere conto di vari fattori: lo stato di fiducia dei risparmiatori e delle istituzioni finanziarie, nonché le politiche della Banca Centrale Europea.

Ma un livello elevato del debito significa che in qualsiasi momento si potrebbe innescare, per ragioni internazionali o interne, una crisi di fiducia collegata al problema del finanziamento del debito pubblico in scadenza. Dunque il problema della politica economica va impostato ed affrontato con urgenza ed è un duplice problema: quello di far riprendere il cammino della crescita dell’economia italiana e impostare una politica di effettiva riduzione del rapporto fra debito pubblico e Pil. La complicazione di questo problema è che l’elevato livello del debito pubblico rende più difficile e più rischioso utilizzare la finanza pubblica a fini di sostegno dell’espansione economica.

Questi sono i termini del problema o meglio – dovrebbe dirsi – del dilemma nel quale si dibatte l’economia italiana. Il governo Conte non ha ancora dato una risposta a questo problema. Poiché si parla di una verifica programmatica che dovrebbe avere luogo all’inizio dell’anno, all’indomani della ripresa dell’attività politica, sarebbe bene che fra le questioni da discutere vi fosse prioritariamente questa. Il ministro dell’Economia dovrebbe proporsi di stendere una nota nella quale spiegare compiutamente la strategia del governo per allentare il nodo scorsoio della bassa crescita e dell’alto rapporto debito-Pil.

Se lo facesse costringerebbe anche l’opposizione, che oggi promette mirabolanti sgravi fiscali incompatibili con le regole europee, ma nello stesso momento nega di volere imboccare la strada di Boris Johnson, a mettere anch’essa le carte in tavola.

 

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