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L’ammissione del fallimento

di Giorgio La Malfa
Il Mattino, 11 aprile 2019

Cari amici,

nei primi commenti sul DEF mi sembra che non sia stato colto l’aspetto per me più significativo di questo documento: il fatto che il Governo indichi come obiettivo programmatico di crescita per il 2019 quello che è l’andamento tendenziale che esso indica per l’anno in corso.

Questo vuol dire una di queste due cose: o il governo riconosce che le sue politiche sono del tutto inefficaci rispetto alla crescita economica, oppure pensa che in realtà l’andamento tendenziale sarebbe ancora peggiore di quello che oggi scrive (cosa che del resto pensano alcuni degli osservatori dell’economia italiana) e che con le proprie misure possa riuscire a evitare il peggio.

Se io fossi in Parlamento insisterei molto su questo punto. Più in generale direi che i due vicepresidenti, presi come sono dalla loro smania elettorale, non abbiano capito nulla delle implicazioni politiche del documento che Tria gli ha fatto approvare.

Molto cordialmente

Giorgio La Malfa

L’ impressione è che, presi dalla loro campagna elettorale permanente, sia Salvini che Di Maio abbiano sottovalutato le implicazioni del Documento di economia e finanza di cui il ministro Tria ha ottenuto l’approvazione in Consiglio dei ministri.
Perché quel documento certifica il fallimento della loro alleanza.

Il Def essenzialmente contiene due numeri: uno è l’andamento tendenziale del reddito nazionale, l’altro è l’andamento programmatico, cioè l’obiettivo di crescita che si pone il governo corredato dall’indicazione degli strumenti per realizzarlo. In quella differenza fra la crescita tendenziale e la crescita programmatica si misurano le ambizioni del governo e gli impegni che esso assume verso la collettività.

Vale la pena ricordare i propositi iniziali della coalizione giallo-verde. «L’obiettivo primario della politica economica del governo – si leggeva nel settembre scorso – è di promuovere una ripresa vigorosa dell’economia italiana, puntando su un incremento adeguato della produttività del sistema paese e del suo potenziale di crescita».

E si aggiungeva: «Ciò richiede un cambiamento profondo delle strategie di politica economica e di bilancio che negli anni passati non hanno consentito di aumentare significativamente il tasso di crescita, ridurre il tasso di disoccupazione e porre il rapporto debito/Pil su uno stabile sentiero di riduzione. Ieri il ministro ha comunicato mestamente che la crescita tendenziale nel 2019 sarà dello 0,1 per cento, cioè praticamente che l’Italia è ferma (mentre l’Europa pur rallentando continua ovunque a crescere).

Dunque, in questi primi nove mesi la maggioranza non è riuscita a fare nulla di quello che aveva promesso. Poi, con involontaria ironia, ha indicato una crescita programmatica dello 0,2 per cento, cioè che l’azione del governo al massimo può valere uno 0,1 per cento, cioè nulla. Il Def certifica che la maggioranza ha sostanzialmente rinunziato ai propositi con cui si era presentata lo scorso anno agli italiani.

E poiché mentre l’economia è ferma il debito pubblico corre, dietro l’angolo c’è una crisi ancora più seria.
Una svolta diviene indispensabile.

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