di Giorgio La Malfa
Quotidiano Nazionale, 3 gennaio 2019
Non mi sembra che il governo abbia alcuna consapevolezza di questi problemi. I due partiti di maggioranza sono attenti solo alla possibilità di dichiarare che essi hanno mantenuto le promesse fatte agli elettori. Al ministro dell’Economia non viene riconosciuta dalla sua maggioranza l’autorevolezza per porre questo problema. Il rischio è che il governo sia inerte. Esistono altre voci nel Governo?
Colgo l’occasione per formulare i miei auguri più affettuosi di buon anno.
A fine 2018 si sono fatti più intensi i segni di rallentamento dell’economia mondiale. Vengono in particolare dalla Cina che ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita per il 2019 e dalla Germania che, essendo essenzialmente un’economia esportatrice, riflette subito la domanda globale. Non potranno non esservi riflessi anche sulle esportazioni italiane e quindi sulla nostra crescita che è già così bassa.
Qualche osservatore parla di un rischio di recessione mondiale, come nel 2007-2008. Per fortuna non sembrano esservi situazioni di sovraesposizione delle banche come quelle che allora portarono al tracollo il sistema finanziario mondiale. Un rallentamento nel 2019 appare ormai probabile; ma non dovrebbe esservi il rischio di una crisi mondiale, specialmente se i mercati finanziari non mostreranno sintomi di panico. Non aiuta in questo momento che la banca centrale americana abbia avviato una politica di aumento dei tassi di interesse né che la Bce abbia posto fine proprio adesso al Quantitative Easing.
Né aiuta l’Europa una filosofia, come quella contenuta nel trattato di Maastricht, che non prevede ed anzi esclude ogni ipotesi di sostegno pubblico all’economia, tanto a livello di Bruxelles che ai vari livelli nazionali. Così è difficile sottrarre l’andamento economico alle tendenze spontanee dell’economia mondiale senza idee. In questi mesi il governo ha perso completamente l’orientamento. Prima ha scritto un bilancio che aveva l’obiettivo di rafforzare la crescita, poi ha ceduto di colpo ed ha rimesso al centro della politica economica la riduzione del deficit, preoccupandosi solo di salvare lo spazio per finanziare le promesse elettorali dei due partiti di governo. Oggi non ha una politica economica, non ha idea di come rilanciare la crescita, ha solo l’obiettivo di preservare il consenso elettorale nelle elezioni europee.
Così non si va da nessuna parte perché non vi sarà crescita e senza crescita il peso del debito pubblico diverrà insostenibile.
Se qualcuno nel Governo o nella maggioranza si rendesse conto di questi problemi e parlasse, sarebbe il segno di una vera leadership politica.
A fine 2018 si sono fatti più intensi i segni di rallentamento dell’economia mondiale. Vengono in particolare dalla Cina che ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita per il 2019 e dalla Germania che, essendo essenzialmente un’economia esportatrice, riflette subito la domanda globale. Non potranno non esservi riflessi anche sulle esportazioni italiane e quindi sulla nostra crescita che è già così bassa.
Qualche osservatore parla di un rischio di recessione mondiale, come nel 2007-2008. Per fortuna non sembrano esservi situazioni di sovraesposizione delle banche come quelle che allora portarono al tracollo il sistema finanziario mondiale. Un rallentamento nel 2019 appare ormai probabile; ma non dovrebbe esservi il rischio di una crisi mondiale, specialmente se i mercati finanziari non mostreranno sintomi di panico. Non aiuta in questo momento che la banca centrale americana abbia avviato una politica di aumento dei tassi di interesse né che la Bce abbia posto fine proprio adesso al Quantitative Easing.
Né aiuta l’Europa una filosofia, come quella contenuta nel trattato di Maastricht, che non prevede ed anzi esclude ogni ipotesi di sostegno pubblico all’economia, tanto a livello di Bruxelles che ai vari livelli nazionali. Così è difficile sottrarre l’andamento economico alle tendenze spontanee dell’economia mondiale senza idee. In questi mesi il governo ha perso completamente l’orientamento. Prima ha scritto un bilancio che aveva l’obiettivo di rafforzare la crescita, poi ha ceduto di colpo ed ha rimesso al centro della politica economica la riduzione del deficit, preoccupandosi solo di salvare lo spazio per finanziare le promesse elettorali dei due partiti di governo. Oggi non ha una politica economica, non ha idea di come rilanciare la crescita, ha solo l’obiettivo di preservare il consenso elettorale nelle elezioni europee.
Così non si va da nessuna parte perché non vi sarà crescita e senza crescita il peso del debito pubblico diverrà insostenibile.
Se qualcuno nel Governo o nella maggioranza si rendesse conto di questi problemi e parlasse, sarebbe il segno di una vera leadership politica.