di Giorgio La Malfa
Quotidiano Nazionale, 6 ottobre 2018
Cari amici,
come scrivo in questo articolo, sarebbe stato possibile presentare una manovra di politica economica che segnava una discontinuità rispetto al passato a condizione di corredarla di numeri non “ballerini” e ponendo gli investimenti al centro dell’impostazione. Ora mi sembra tardi.
La situazione mi pare largamente compromessa prima dall’emergere di un contrasto fra Tria e la coalizione, poi dalle confuse dichiarazioni dei maggiori protagonisti della vicenda. In un articolo sul Corriere apparso nel corso dell’estate, scrivevo che il presidente del Consiglio doveva prendere in mano la manovra e spiegarla con molta cura. Ora, l’intervento di Conte appare tardivo e non sufficiente a togliere alla manovra l’impressione che essa abbia scopi elettoralistici connessi con le elezioni europee della prossima primavera.
La situazione mi pare largamente compromessa prima dall’emergere di un contrasto fra Tria e la coalizione, poi dalle confuse dichiarazioni dei maggiori protagonisti della vicenda. In un articolo sul Corriere apparso nel corso dell’estate, scrivevo che il presidente del Consiglio doveva prendere in mano la manovra e spiegarla con molta cura. Ora, l’intervento di Conte appare tardivo e non sufficiente a togliere alla manovra l’impressione che essa abbia scopi elettoralistici connessi con le elezioni europee della prossima primavera.
Si annunciano tempi molto difficili.
Giorgio La Malfa
Il punto di partenza della politica economica dell’attuale maggioranza era giusto.
Il rilievo che nella scorsa legislatura i governi avevano accettato di sacrificare la crescita alla strategia di contenimento del deficit pubblico suggeritaci dall’Europa, per altro senza riuscire a realizzare questo obiettivo, aveva un fondamento. Un cambio di rotta che mirasse a migliorare il rapporto debito-PIL non attraverso l’austerità, ma attraverso una crescita più consistente poteva essere sostenuto con buoni argomenti a Bruxelles.
Il rilievo che nella scorsa legislatura i governi avevano accettato di sacrificare la crescita alla strategia di contenimento del deficit pubblico suggeritaci dall’Europa, per altro senza riuscire a realizzare questo obiettivo, aveva un fondamento. Un cambio di rotta che mirasse a migliorare il rapporto debito-PIL non attraverso l’austerità, ma attraverso una crescita più consistente poteva essere sostenuto con buoni argomenti a Bruxelles.
Poteva essere spiegato in modo rassicurante ai mercati. Ma la manovra delineata dal governo non corrisponde a questa impostazione.
Intanto è emerso che il ministro dell’Economia non era d’accordo e propendeva per la continuazione delle politiche della scorsa legislatura. Quando ha ceduto non è riuscito a spiegare perché lo abbia fatto.
Intanto è emerso che il ministro dell’Economia non era d’accordo e propendeva per la continuazione delle politiche della scorsa legislatura. Quando ha ceduto non è riuscito a spiegare perché lo abbia fatto.
Ancora più grave è il fatto che non ci sono calcoli accurati sugli effetti della manovra. Tutto è approssimativo.
È chiaro che, ai fini dello sviluppo, non tutte le spese sono eguali. Una manovra basata su una forte spinta agli investimenti privati e pubblici costituirebbe una vera novità. L’aumento del deficit per consentire spese correnti per le pensioni o per il reddito di cittadinanza è la ripetizione di vecchie politiche elettoralistiche.
La confusione permane tuttora come si vede dai contrasti nella maggioranza. Quello che è certo è che, se ci sono tutte quelle spese correnti, non ci saranno i soldi per gli investimenti e la manovra diventerà assai più pericolosa per il futuro dei conti pubblici.
Il presidente del Consiglio sembra voler prendere in mano le redini della vicenda, come avrebbe dovuto fare fin dall’inizio.
È un fatto positivo, ma dopo una partenza disastrosa da solo non basta.
Servono tre altre cose:
1) porre fine alle polemiche con l’Europa ricordando che l’Italia ha firmato dei trattati e che pacta sunt servanda;
2) dichiarare che l’autorizzazione alle spese correnti è subordinata all’accertamento dei loro effetti sulla crescita;
3) chiedere senza ulteriori polemiche ai tecnici del ministero dell’Economia di quantificare gli effetti del bilancio chiarendo come e attraverso quali spese la manovra può fare crescere il reddito nel 2019.
Il presidente del Consiglio imponga ai due leader della coalizione un atteggiamento più cauto. In questo momento, il rischio di una crisi finanziaria è cresciuto. Se una crisi si dovesse verificare, le conseguenze sarebbero molto sgradevoli.
Bisogna che se ne rendano conto.