di Giorgio La Malfa
Quotidiano Nazionale, La Nazione, Il Resto del Carlino, 29 settembre 2016
Cari amici,
questo è un primo commento alla Nota di aggiornamento al DEF. E’ chiaro che ci deve essere stato uno scontro in seno al governo fra il presidente del Consiglio e il Ministro dell’Economia. L’esito è un compromesso che, come scrivo, non rappresenta né una politica di risanamento, né una politica di sviluppo. E’, come già negli anni precedenti, un’impostazione che non risolverà il problema del progressivo peggioramento del rapporto debito/PIL che è in crescita nonostante l’impegno a ridurlo a partire da quest’anno, né ovviamente sosterrà la ripresa: una impostazione di pura sopravvivenza politica che probabilmente non basterà ad assicurare a Renzi neppur quella.
Segnalo, nell’introduzione firmata dal ministro, una frase molto interessante che qui trascivo:
Per effetto delle misure attuate e in programma si prevede una crescita del PIL per il 2017 dell’1,0 per cento. Affinché tuttavia la politica di bilancio stimoli la crescita e la creazione di occupazione, e le riforme strutturali adottate producano benefici crescenti nel tempo, il Paese ha bisogno di stabilità politica e istituzionale; in tal senso le riforme istituzionali promosse mirano a rendere l’attuale sistema più stabile ed efficiente. In particolare la riforma costituzionale intende snellire il processo legislativo, superando il bicameralismo perfetto e realizzando una più efficiente allocazione delle competenze e una riduzione dei contenziosi tra centro e periferia; la legge elettorale intende garantire governabilità, stabilità e accountability.
Il bello di questo passo non è tanto l’affermazione, obbligata per il ministro, sui meriti della riforma costituzionale, ma la frase sulla legge elettorale che sembra ignorare che il Governo ha fatto sapere che non ci tiene affatto a questa elegge elettorale e che è pronto a cambiarla. Oppure no?
Molto cordialmente
Giorgio La Malfa
Che gestazione ha avuto la Nota di Aggiornamento al Documento di economia e finanza (Def 2016) che, secondo un comunicato di Palazzo Chigi di martedì sera, era stata approvata dal Consiglio dei Ministri? Ai giornalisti è stata consegnata una smilza tabellina con tre serie di dati 2015-2017 sul reddito nazionale, sul deficit e sul rapporto debito/Pil. Ma solo alle 22 di ieri è stato possibile conoscere i contenuti della Nota.
Siccome è un documento corposo (136 pagine), non si può pensare che non fosse già pronto ieri. Se non è stato possibile leggerlo per 24ore filate, evidentemente, prima del Consiglio dei ministri o nel Consiglio, deve essere successo qualche cosa che ha costretto il Mef a riscrivere buona parte del documento che aveva predisposto. Quale sia l’oggetto del contendere non si può sapere, ma non è difficile immaginarlo. Vi deve essere stato un primo scontro sui saldi. Il presidente del Consiglio deve avere chiesto al ministro dell’Economia di fissare il deficit 2017 al di sopra del 2,0 che evidentemente è quello che, allo stato, la Commissione europea è disposta ad accettare.
BRUXELLES potrebbe, forse, accettare uno sforamento del 2% per spese eccezionali, ma non vuole essere forzata ad accettare un bilancio che nega gli impegni assunti da questo stesso governo in passato. ProbabilmenteRenzi voleva arrivare almeno al 2,4% per poi andare oltre con le spese di emergenza per il terremoto di Amatrice, ma Padoan deve avere resistito e, a stare alla tabella di ieri, dovrebbe avere vinto. Di conseguenza lo scontro si deve essere spostato dai saldi alle cifre che precedono i saldi.
Si può supporre che la presidenza del Consiglio volesse includere delle spese aggiuntive o delle riduzioni di imposte che non rientrano né nel 2% e neppure nel 2,4% del deficit 2017 e che quindi non erano contemplate nel testo presentato dal Mef. Renzi deve avere detto a Padoan che egli non accetta che quelle promesse non trovino posto nella legge di bilancio e può avere aggiunto che, se egli ‘cedeva’ sui saldi, spettava al ministro trovare posto, entro quei saldi, per le scelte politiche di Palazzo Chigi: vedesse quindi Padoan cos’altro tagliare o come altro fare cassa per immettere quelle spese nel bilancio.
E poiché è difficile farlo con i limiti stretti del bilancio, questo spiega perché il documento stenta ad uscire. Resta infine il giudizio se questa legge di bilancio, con questi numeri, sarà utile o no. La risposta è, almeno per chi scrive, molto chiara: non è con queste cifre che si porta l’Italia fuori dalla crisi e sulla strada della crescita.
Ben altre sono le modifiche del bilancio che sarebbero necessarie per immaginare una manovra incisiva. Come in questi tre anni, il governo Renzi parte con propositi “rivoluzionari” e infine opta per una legge che non risana i conti, né fa ripartire l’economia. Il governo lo sa, ma forse gli basta calmare alcuni dei malumori sociali più forti che lo tormentano. Non una strategia politica, ma una strategia di sopravvivenza politica. O forse neppure quella.