di Giovanni Farese
Quando si osservano le decisioni e le vicende europee si può cedere alla tentazione di vedere il bicchiere mezzo vuoto. Tanto più quando i costi della guerra – anzitutto in termini di vite umane – inducono a indignazione e impazienza. Può essere così anche questa volta. Il sesto pacchetto di sanzioni, infatti, oltre a evidenziare la frattura tra un paese, l’Ungheria, e il resto dell’Unione, contiene due pesanti limitazioni: la prima è che l’embargo è parziale, perché esclude gli oleodotti per provare a tenere a bordo l’Ungheria; la seconda è che l’embargo è differito, perché entrerà in vigore solo alla fine dell’anno (un termine entro il quale non sappiamo quale sarò lo stato e la sorte della guerra). Sono due limitazioni importanti. La prima, oltre a introdurre i germi della divisione, introduce potenziali elementi di distorsione nel mercato europeo. La seconda mette a disposizione di Putin un tempo utile per correre, in certa misura e per quanto possibile, ai ripari esponendo l’Europa a ripercussioni sui prezzi che potrebbero, fino all’entrata in vigore dell’embargo, compensare almeno in parte la riduzione delle quantità che seguirà nel 2023.
D’altra parte, non si può negare che il sesto pacchetto di sanzioni costituisca un importante passo in avanti e che si debba guardare ad esso come a un bicchiere mezzo pieno. È inutile indulgere alla […]
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