Lettera da Washington
di Franklin
Il piano di sanzioni in risposta all’aggressione russa dell’Ucraina è stato coordinato ieri da Biden nel vertice digitale del G7: punta a bloccare le istituzioni che detengono l’80% del capitale bancario russo, impedire le esportazioni tecnologiche e punire gli oligarchi. E se Putin arrivasse a minacciare i confini dell’Alleanza Atlantica, ha detto il presidente americano, “difenderemo ogni centimetro del territorio Nato”. L’Ucraina riceverà appoggio diplomatico e sostegno logistico militare, ma non un intervento al suo fianco: non fa parte della NATO e l’art.5 del Trattato non può scattare. Ma un’Ucraina riportata alla vecchia condizione subordinata a Mosca avrebbe proprio l’effetto che la Russia dice di non volere: un’altra zona di contatto diretto con la NATO, per giunta vasta e dotata della volontà di resistere, una vera bomba a orologeria.
È chiaro che gli americani, appena usciti con sollievo generale da una guerra lunga (anche se non così sanguinosa come altre loro imprese asiatiche) non hanno nessuna fretta di ripartire per il fronte, specialmente uno dai confini potenzialmente illimitati in cui non si combatterebbe necessariamente per interposta persona, come è stato finora. Ma al tempo stesso nel comportamento di Putin sentono la sfida, a lungo prevista, ma ancor più preoccupante perché avviene in un momento anomalo della loro storia. Avvertono la presenza di due fattori mai prima d’ora coincidenti: la minaccia è […]
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