Lettera da Washington
di Franklin
Il primo marzo è previsto il rituale “State of the Nation address”, davanti alle camere riunite, che è insieme un discorso programmatico e un consuntivo aggiornato del Presidente, solitamente infarcito di trovate retoriche e a volte più vicino a uno spettacolo serale della TV che non al maturo rapporto alla nazione, quale dovrebbe essere.
È il primo per Biden, che sarà circondato da lupi affamati nel suo paese e fuori: l’anziano statista avrà milioni di spettatori in cerca di rassicurazione, risposte, progetti; un pubblico in attesa di conforto e di un percorso di progresso. Si sentirà parlare di pandemia, che è ormai acquisita nella consapevolezza quotidiana delle calamità come i tornado o le tasse; si scontrerà con l’astio, senza pietà né perdono, di quella fetta importante degli americani che non vedono più a portata di mano il “sogno americano”.
Non è più l’epoca della spensieratezza, dell’ottimismo e della sicurezza. Sarà arduo per Biden ravvivare la fiducia nel futuro degli americani, e aiuterà se questi ultimi manterranno […]
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