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Gli affanni della democrazia in America

Lettera da Washington
di Franklin

Sia nella tradizione cristiana che in quella ebraica, la festa del “passaggio” è al centro della vita delle famiglie, e questo vale anche qui in America – dove coincide con l’inizio reale della primavera e una vacanza scolastica che sguinzaglia dovunque bande di studenti in libertà.

Questa atmosfera un po’ carnascialesca non è arrivata a lambire i severi templi neoclassici nella capitale, in cui si coltiva questo esigente arbusto che è la democrazia americana.

Il trionfo della democrazia non è assoluto: occorre alimentarlo e non si può smettere di sorvegliarlo, perché è soggetto al degrado. Non ci sono società a prova di logorio. Franklin, Benjamin Franklin, questo lo sapeva fin dal principio: uscendo dalla Independence Hall di Filadelfia, dove era appena stata firmata la Costituzione, a un cittadino che chiedeva quale forma di Stato si era deciso di adottare, Franklin rispose “una Repubblica – se saprete conservarla”, prima di dileguarsi tra la folla che attendeva. Duecento trentacinque anni dopo, la battuta acquista attualità.

Questa democrazia, che ha superato i momenti del cieco entusiasmo, dell’indifferenza, della divergenza, dell’ignoranza, della contrapposizione, deve ora affrontare il giorno in cui emerge nella nazione un sentimento più radicale, questo sì capace di sovvertire la Repubblica. È arrivata la stagione dell’odio, e basta percorrere un po’ di America rurale, piuttosto che quella delle grandi città, per constatare come […]

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