Lettera da Washington
di Franklin
Cinquanta anni fa, il 17 giugno 1972, la radio diffonde la notizia dell’arresto di un gruppo di maldestri figuri negli uffici del partito Democratico nel centro della città. Sono in vista le elezioni e si trova presto un legame con la Casa Bianca di Nixon. Nessuno fuori di Washington ha ancora mai sentito parlare del Watergate (eccetto la Società Generale Immobiliare di Roma, che ha costruito il complesso edilizio). La notizia che l’uomo più potente del mondo possa aver mandato una squadra a spiare nel quartier generale dei suoi avversari politici è incredibile e infatti lascia molti ascoltatori scettici. La radio passa subito dopo a programmi sul prezzo dei cereali e del granturco, questioni che toccano da vicino i milioni di farmers dell’entroterra americano. Presto a Washington divamperà il processo politico del secolo. Si concluderà con l’esilio del Presidente Nixon, potente artefice della vicenda – ma dopo la sua rielezione, ottenuta con uno tsunami di voti. Solo uno dei cinquanta Stati vota contro di lui, più la capitale, roccaforte democratica.
È una lezione di democrazia; il voto dei cittadini è quasi unanime, ma non basta a lavare dalle sue colpe un titano politico come Nixon, che – sotto i colpi di una magistratura inclemente nutrita da una stampa indomabile – parte in esilio per non essere umiliato in un processo che lo avrebbe certamente deposto, primo Presidente della storia, con il voto dei suoi stessi compagni di partito. Quell’America, di destra o sinistra che fosse, non era disposta a perdonargli l’abuso dei poteri attribuitigli, nemmeno dopo avergli tributato uno dei più […]
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