Tra il Monte Igman, sopra Sarajevo, e il Tennis Complex di Banja Luka ci sono circa 190 chilometri. Sull’Igman c’è ancora ciò che resta del trampolino che ospitò le gare di salto delle Olimpiadi invernali del 1984: era anche uno dei punti da cui i cecchini serbi cannoneggiavano la città durante l’assedio iniziato nel ‘92. Allora il Tennis Complex di Banja Luka ovviamente non esisteva dato che è stato inaugurato solo nei giorni scorsi. Ma i due impianti, così come molti altri in giro per il mondo, possono assurgere al ruolo di simbolo di come lo sport, ben lungi dall’essere un’isola felice, sia invece terreno di manovre politiche che con lo sport inteso in senso stretto hanno ben poco a che fare.
L’occasione per questa riflessione è data dal fatto che oggi, lunedì 17 aprile, prende il via al Tennis Complex di Banja Luka, città capitale della Repubblica serba di Bosnia (la Repubblica Srpska) una delle due entità che compone la Bosnia Erzegovina (l’altra è la Federazione bosniaca, a maggioranza musulmana la cui capitale è Sarajevo) la prima edizione del “Srpska Open”, un torneo di tennis Atp di categoria 250 che è stato trasferito nella Repubblica Serba dalla famiglia dell’attuale numero 1 del mondo del tennis mondiale, Novak Djokovic, che ne è proprietaria. Djordje Djokovic, fratello di Novak, è anche direttore del torneo. Fino all’anno scorso tale torneo aveva casa a Belgrado, presso il Novak Tennis Center ed era organizzato da una società, la Family Sport, sempre di proprietà della famiglia Djokovic. Gli organizzatori hanno dichiarato nei mesi scorsi che lo spostamento del torneo si è reso necessario al fine di permettere l’ammodernamento delle strutture del “Novak Tennis” di Belgrado dove il torneo tornerà nel 2024. Ma ciò che colpisce è la scelta del luogo: la Repubblica Srpska del presidente Milorad Dodik, ottimo amico della famiglia Djokovic nonché del presidente russo Vladimir Putin e da sempre strenuo sostenitore della secessione che la Repubblica dovrebbe attuare nei confronti della Bosnia, per poi riavvicinarsi e magari riunirsi alla madre Serbia. Dodik è stato confermato nella sua carica dopo le elezioni dell’ottobre scorso.
Difficile non vedere nella scelta di portare il torneo nella Repubblica Serba un gesto di vicinanza con Dodik e le sue conclamate intenzioni secessioniste che potrebbero portare ad una nuova crisi del cuore dei Balcani e che sono avversate fermamente da tutto il blocco occidentale. Se da un lato, anche recentemente, il tennista numero 1 al mondo si è pronunciato contro tutti i nazionalismi, dall’altro i suoi buoni rapporti con il presidente serbo bosniaco sono noti. Nel 2021 Djokovic fu fotografato ad un pranzo in compagnia di Dodik e di Milan Jolovic capo del gruppo paramilitare “I Lupi della Drina” che ai tempi della guerra si rese protagonista di atti efferati contro la popolazione civile.
E che da parte di Dodik ci fosse la piena volontà di ospitare il torneo a qualunque costo o quasi, è confermato dalle modalità con cui è stata creata la struttura che lo ospiterà. I lavori per la sua costruzione (del costo orientativo di 11.6 milioni di dollari dei quali oltre sette garantiti dalla municipalità di Banja Luka) sono iniziati nel novembre scorso quando ancora gli unici permessi concessi erano riferiti a generici “lavori preparatori”. Secondo “Transparency International” che ha presentato una denuncia nel febbraio scorso, gli incarichi per i lavori sono stati assegnati in via diretta senza nessuna gara d’appalto come invece avrebbe dovuto avvenire. I fondi inoltre sarebbero stati erogati dalla municipalità di Banja Luka sotto forma di sovvenzione diretta. Il 9 febbraio scorso un membro dell’Assemblea nazionale, Nebois Vukanovic ha denunciato il primo cittadino della città Drasko Stasnivukovic e il primo ministro della Repubblica Sprska, Radovan Viskovic, di abuso di fondi pubblici. Il sindaco ha dichiarato a “Radio Free Europe” di aver valutato che la costruzione del Tennis Complex fosse un’esigenza di interesse nazionale: “Bisogna essere coraggiosi per fare cose che sono al limite delle norme legali, ma comunque conformi ad esse e moralmente corrette”, ha aggiunto.
Il Tennis Complex dall’anno prossimo, quando il torneo tornerà a Belgrado, dovrebbe trasformarsi in un centro polifunzionale dedicato soprattutto a congressi. Nel frattempo ospiterà una vetrina di grande importanza per la Repubblica Srpska e il suo presidente: una vetrina resa ancora più preziosa dalla partecipazione del maggior tennista del pianeta. Una vetrina di cui Presidente e città hanno grande bisogno. Delle vicende di Bosnia in Italia si è ripreso a parlare in tempi recenti anche grazie al romanzo di Rosella Postorino candidato al Premio Strega (“Mi limitavo ad amare te”) che prende il via proprio durante l’assedio di Sarajevo. Sport, politica, guerra e letteratura spesso si fondono dando vita ad un solo unicum.
Piero Valesio è nato a Torino 61 anni fa. Giornalista dal 1985 ha seguito Olimpiadi e grandi eventi sportivi per il quotidiano Tuttosport. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e curato la comunicazione degli Internazionali di tennis di Roma. Ha firmato rubriche per Sport Mediaset e scritto per Il Messaggero. Attualmente scrive del rapporto fra sport, serialità e tecnologia sul sito specializzato Sport In Media e di attualità tennistica su Ok tennis.