Per affrontare questo fondamentale argomento, è essenziale mettere preliminarmente in luce alcuni fattori che spesso non vengono tenuti in considerazione nelle trattative in corso (se di reali trattative si tratta).
- Nel 1994, dopo lo sfaldamento dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), gli Stati Uniti pretesero che l’Ucraina, che deteneva 1.900 testate nucleari, le trasferisse alla Federazione russa (altro che abbaiare alla Russia). In cambio, la stessa Federazione russa, gli USA, il Regno Unito, la Cina e la Francia si impegnarono a garantirne l’integrità territoriale. Impegno che non è stato onorato, ma che va tenuto presente nei negoziati. Come vanno tenuti presenti gli impegni assunti, anche se alcuni paesi vorrebbero dimenticarli; alcuni li hanno traditi più volte, altri vorrebbero tradirli per rimodellare il mondo a loro piacimento. Con gli accordi sulle terre rare, eventuali futuri aiuti militari degli USA all’Ucraina verranno di fatto pagati.
- Nel 1997 la Federazione russa e l’Ucraina stipularono un accordo di cooperazione che ribadiva l’impegno delle due parti a rispettare i reciproci confini.
- Così come va tenuto presente, checché ne dicano gli amici di Putin (incluso l’attuale presidente degli Stati Uniti, forse suo sodale, per motivi probabilmente personali piuttosto che geopolitici), che è stata la Russia a invadere l’Ucraina (e non per colpa della Nato, puro pretesto) e a compiere massacri, violenze, torture, nefandezze.
- Entrambi i paesi hanno perso la guerra. La Russia, che avrebbe voluto vincere la sua «operazione speciale» in pochi giorni, perché non è riuscita a piegare un paese più piccolo in tre anni; l’Ucraina perché non può vincerla, né si può limitare a difendersi per anni e anni.
- Né Trump né Putin credono nella autodeterminazione dei popoli, ma ne erano invece convinti due ben più nobili padri della rispettive patrie: Thomas Woodrow Wilson e Lenin, Vladimir I’lič Ul’janov. Anche ciò va tenuto presente.
- Essere russofoni (come lo è stato persino Zelensky) non vuol dire essere russofili.
- Si è sostenuto che ciascuno dei due paesi in guerra debba rinunciare ad alcune delle proprie pretese, territoriali e politiche. Fattore essenziale per raggiungere un risultato concreto; un compromesso ragionevole, per raggiungere la pace «giusta e duratura» che tutti sostengono di volere. Non si può permettere che la Russia ottenga un ampliamento territoriale in base a invasioni effettuate, nel 2014 e nel 2022, in spregio al diritto internazionale.
Si propone, di conseguenza, che sul piano territoriale l’Ucraina rinunci alla Crimea, canato tataro annesso all’impero russo nel 1784, che è entrata a far parte dell’Ucraina solo nel 1954, quando l’Ucraina non era ancora indipendente e faceva parte dell’URSS, a seguito di una donazione di Chruščëv non confermata da un referendum, e perduta, senza difenderla, già dal 2014. Poiché peraltro la rinuncia non può avvenire in base a un’occupazione illecita e ad un’annessione non riconosciuta dai paesi che ancora credono al diritto internazionale, essa dovrà essere formulata come una concessione dell’Ucraina, a fronte dell’assegnazione a quest’ultima dei fondi russi congelati in Europa o altrove, o comunque di un’adeguata compensazione.
Mentre si propone che la Federazione russa, che aspira ad annettersi le regioni in tutto o in parte occupate durante la guerra in corso, consenta che le quattro regioni in questione, Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhya e Kherson, vengano assegnate all’Ucraina o alla Federazione russa, o vengano rese entità autonome, o indipendenti, in base a quattro distinti referendum. Referendum nei quali potranno votare – sotto uno stretto controllo internazionale – gli ucraini allontanati dalle regioni con la forza o per sfuggire alla guerra, o deportati, mentre non potranno votare i russi entrati nelle quattro regioni a seguito del conflitto. A tale procedura, ovviamente, dovrà aderire anche l’Ucraina.
Sul piano politico invece, l’Ucraina non potrà entrare nella NATO (se ancora esisterà), ma potrà entrare a far parte dell’Unione europea; mentre gli accordi di pace dovranno consentirle di dotarsi di forze armate tali da potersi difendere da future invasioni. Al termine del conflitto, in Ucraina andranno tenute elezioni libere, senza interferenze, candidature esterne o preclusioni indebite. Dovrà prevalere la volontà del popolo ucraino.
In un più ampio accordo tra la Federazione russa e il mondo occidentale (se questo ancora esiste), gli stessi criteri dovranno essere adottati nei riguardi della Georgia e della Moldavia (no alla NATO, sì all’Unione europea), sulla base dell’accordo internazionale raggiunto, dei processi di adesione in corso, e della volontà politica dei cittadini e dei governi legittimi dei due paesi; non della Russia. E la Russia dovrà impegnarsi a rispettare la libertà, e i confini attuali, di qualsiasi altro paese sovrano e a non interferire nelle elezioni di altri paesi.
La Russia dovrà contribuire sostanzialmente alla ricostruzione ucraina.
Solo successivamente ad una positiva conclusione delle trattative e all’assunzione di impegni russi in linea con il diritto internazionale si potrà consentire all’abolizione delle sanzioni adottate contro la Federazione russa.
Oliviero Pesce, economista, saggista e traduttore, ha lavorato presso la Banca Mondiale, la Banca Nazionale del Lavoro, il Consorzio di Credito per le Opere Pubbliche (Crediop) e presso società finanziarie e di investimento. È stato amministratore delegato di banche estere, operando in molti paesi. Traduttore di testi di economia e storia economica, oltre che traduttore e autore di raccolte poetiche, ha scritto numerosi saggi su temi bancari ed economici e saggi storici. Ha tenuto corsi universitari di Management Internazionale ed è socio dell’Istituto Affari Internazionali.