Ungheria

L’Ungheria accusata di spiare l’UE. Bruxelles indaga

(Bruxelles) – Il Parlamento Europeo ha tenuto un dibattito nella seduta plenaria di fine ottobre, pubblica e con la partecipazione della Commissione e del Consiglio, su un tema senza precedenti: “Allegazioni di spionaggio ungherese contro l’Unione Europea”. Il caso nasce quando, il 9 ottobre scorso, alcuni media hanno riportato che agenti dei servizi segreti ungheresi, fingendosi diplomatici di Budapest accreditati presso l’UE, hanno cercato di assoldare dei funzionari europei come informatori. Sono stati avanzati dubbi quanto al ruolo della stessa Rappresentanza ungherese e perfino sul commissario ungherese, Oliver Varhelyi.

La Commissione ha aperto un’inchiesta interna e nel dibattito si è da una parte trincerata dietro il comprensibile riserbo dovuto all’indagine in corso, ma ha anche dichiarato, ed è significativo, che in ogni caso solleverà la questione con il governo ungherese “a tutti i livelli”, sottolineando la gravità della situazione di uno Stato membro sospettato di spionaggio.

Non si tratta dunque di una fake-news, pur rimanendo poco chiaro se, su cosa e per chi l’Ungheria volesse spiare le istituzioni europee, il che in una certa misura equivale a spiare sé stessi.

Il dibattito ha avuto toni accesi: si è chiesto la sospensione di Varhelyi, la trasparenza delle indagini e denunciato il continuo deterioramento dello spazio democratico in Ungheria, mentre dai banchi dei gruppi dei Conservatori e Riformisti, dove siedono gli eletti di Orban e di Fratelli d’Italia, e dei “patriotti”, dove siede la Lega, si è evocato il clima di caccia e ricordato non solo il caso Salis, come esempio di discriminazione contro Budapest, ma anche il ruolo di Soros come destabilizzatore dell’Ungheria. Le forze di maggioranza si sono comunque divise sulla richiesta di istituire una commissione parlamentare di inchiesta sul caso ungherese, che il Partito Popolare, pur molto critico nei confronti di Orban, ritiene controproducente al cospetto delle elezioni ungheresi del 2027.

Dunque, un’accusa aperta di spionaggio contro l’Unione Europea potrebbe rafforzare il consenso interno di Orban, e questo dato ci dice qualcosa sulle minacce interne alla nostra democrazia. L’Ungheria ne è il tassello più vulnerabile: rinfrancato da Trump, l’enfant terrible Orban è amico della Russia, si sottrare a sanzioni e continua a ad acquistarne gli idrocarburi senza alcun phase out; e ha anche dato le chiavi di casa alla Cina: cooperazione nel settore nucleare, sedici accordi bilaterali, il 44% del totale degli investimenti cinesi in tutta Europa (più di quanto siano quelli in Francia, Germania e Regno Unito insieme), l’apertura di fabbriche cinesi sul suolo europeo che così possono direttamente entrare nel mercato interno, ruolo protagonista di Huawei e altro.

In questo “altro” potrebbe adesso rientrarci anche lo spionaggio? Certo è che se per molti paesi l’ingresso nell’Unione Europea costituisce un ancoraggio all’Occidente che altrimenti sarebbe stato più fragile, oggi il caso ungherese dimostra il rovescio di una tale situazione: la posizione di cui gode un paese membro, che come tale può condurre attività difficili da arginare e che interpreta l’antico ruolo del cavallo di Troia. Un problema, anche in prospettiva, che nel nuovo paesaggio politico internazionale è mica semplice.


Niccolò Rinaldi dal 1989 al 1991 è responsabile dell’Informazione per le Nazioni Unite in Afghanistan. In seguito, nel 1991, diviene prima consigliere politico e poi, dal 2000, segretario generale aggiunto al Parlamento Europeo. Nel 2009 è eletto deputato europeo, e diviene vice-presidente dell’Alleanza dei Democratici e Liberali per l’Europa (ALDE). Nel 2014, al termine del mandato europeo, resta come funzionario nell’istituzione dove è attualmente Capo Unità Asia, Australia e Nuova Zelanda. Negli ultimi anni ha tenuto su Il Commento Politico la rubrica Lettere da Bruxelles.

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