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Sanzioni e globalizzazione

Lettera da Bruxelles
di Niccolò Rinaldi

Infine, embargo fu. Limitato al petrolio, scadenzato in più tappe nella sua applicazione, con l’eccezione ungherese, e l’obiettivo di colpire il 90% delle importazioni di greggio russo entro la fine dell’anno. È il classico compromesso europeo, lento, farraginoso, frutto di un cantiere che lo rende suscettibile di ulteriori decisioni, ma anche con una sua sostanza, e che ciascuna parte può considerare un successo o meno, secondo i propri interessi. Quanto al gas, con volumi ben maggiori, è un’altra partita.

In un articolo sul Mattino, Giorgio La Malfa aveva già spogliato la politica europea dei suoi slogan rilevandone le contraddizioni: da una parte armiamo gli ucraini, dall’altra nei primi due mesi della guerra abbiamo armato anche Putin finanziandolo con circa 750 milioni di euro al giorno (dati del Center for Energy and Clean Air). Il paradosso vale anche per la Russia, che vendendo la propria energia all’UE le permette di continuare a prosperare e anche di costruire le armi che essa destina all’Ucraina. Sono gli ultimi colpi di coda di quella che è stata la scommessa dei liberaldemocratici: favorire la stabilità dei rapporti internazionali anche tra “diversi” attraverso l’interdipendenza dei rispettivi mercati.

Non è cambiamento da poco, la fine della globalizzazione, o almeno una sua pausa che, ancora Giorgio La Malfa, ha attribuito all’uso politico del commercio internazionale da parte di regimi autoritari. Alla fine, l’assenza di una convergenza tra lo stato di […]

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