Il contesto delle elezioni presidenziali americane mostra una sorta di paradosso causato dall’estrema polarizzazione.
Eventi rilevanti come la netta vittoria della Harris nel dibattito televisivo del 10 settembre scorso portano a piccole variazioni nelle intenzioni di voto (come rilevato dai sondaggi). Queste sono allo stesso tempo evidenziate con grande enfasi dagli analisti che contemporaneamente sottolineano, però, che la sostanziale parità fra i due candidati rimane e che l’incertezza sul risultato finale è assoluta.
Il New York Times, ad esempio, ha pubblicato un grafico che mostra il guadagno post dibattito della Harris, sottolineando come un punto percentuale è un evidente risultato positivo che, comunque, non modifica affatto la possibilità di ognuno dei candidati di vincere o perdere gli Stati chiave, come mostrato in un secondo loro grafico che indica il possibile errore nelle predizioni.
Lasciando quindi per un momento i sondaggi, analizziamo di seguito alcuni altri dati che potrebbero influenzare l’esito finale.
Il potere economico dei comitati elettorali è sicuramente un fattore critico (solo Hillary Clinton negli anni 2000 ha perso le elezioni pur avendo speso di più) ed in questo momento i Democratici godono di un vantaggio consistente sul partito di Trump.
L’entrata in campo della Harris a fine luglio ha indirizzato un enorme flusso di denaro nelle casse democratiche sull’onda dell’entusiasmo per il cambio di candidato: i Democratici hanno così potuto dichiarare di avere 404M$ nelle casse mentre i Repubblicani ne hanno dichiarati 295M$. Questo gap si è addirittura allargato in settembre dopo il dibattito, quando i democratici hanno raccolto 47M$ nelle 24 ore seguenti.
I giornalisti americani sottolineano che i Democratici, ma non i Repubblicani, hanno cominciato un barrage di pubblicità negli Stati chiave che potrebbe portare un effetto visibile nelle prossime settimane.
In un clima tanto incerto, il risultato può essere determinato dalla maggiore o minore affluenza alle urne degli elettori e molti possono essere i fattori che influiranno sulla decisione degli americani di andare a votare oppure no.
L’endorsement di Taylor Swift al ticket democratico, avvenuto subito dopo il dibattito televisivo, ha determinato un picco visibile nelle ricerche online dei canali per la registrazione al voto (oltre 400000 richieste nelle 24 ore successive), soprattutto fra i giovani che sono normalmente la fascia di età meno coinvolta (ricordiamo che in America i cittadini, per votare, devono prima registrarsi).
Sulla registrazione al voto vi è anche un’interessante analisi di Jennifer Rubin, commentatrice ed analista politica del Washington Post, sul North Carolina. Si tratta di uno degli Stati più critici, ma recentemente i suoi abitanti hanno votato sempre per i Repubblicani. È però uno dei focus principali della Harris e, per ora, vi si conta un numero molto maggiore di registrazioni al voto per i Democratici.
Jennifer Rubin sottolinea poi come l’attuale governatore repubblicano è tanto poco amato che nei sondaggi è molto indietro rispetto al candidato democratico (oltre 10 punti percentuali, per confronto la Harris è stimata a +0,4) . Questo potrebbe portare addirittura ad un effetto traino inverso: elettori repubblicani così negativi sul governatore da decidere di votare per i Democratici o semplicemente di non andare a votare, togliendo comunque preferenze a Trump.
In generale, dunque, con una situazione così bilanciata, saranno i piccoli fattori, locali, che sposteranno l’equilibrio a favore di uno o l’altro dei candidati, molto più dei grandi eventi che vengono enfatizzati dai nostri giornali.