Lettera da Parigi
di l’Abate Galiani
La cerimonia di investitura di Macron, sabato scorso, con il suo sapiente dosaggio di sobrietà, solennità protocollare e significativi momenti di palpabile commozione (in particolare il lungo ed empatico abbraccio fra il Presidente ed i genitori di Samuel Paty, il professore di liceo decapitato nel 2020 da un attentatore islamico), sembra aver riportato un ritmo più regolare e meno disordinato sulla scena politica francese, in questa antivigilia delle elezioni legislative del 12 e del 19 giugno.
I temporeggiamenti del Presidente rieletto sulla nomina del nuovo Primo Ministro, controcorrente rispetto alla tradizione, la fragorosa ricomparsa di Mélenchon ed i travagliati seguiti della sua Opa sulla gauche, la lunga latitanza di Marine Le Pen, sono riusciti financo ad oscurare – nelle mediocri e sbrigative analisi di tutti i media – l’esordio in grande stile dell’era Macron II, con il centrale discorso di Strasburgo, la ripresa dell’iniziativa internazionale e le telefonate a Putin e soprattutto a Xi Jinping. Si è sorvolato persino sulla rituale e concisa visita a Berlino, minimizzandone la portata ed archiviandone, con dolosa o colposa distrazione, il carattere innovativo quale […]
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