GazaAppell-1

Semantica dell’orrore

                                                                                           

1.Il dibattito. È in corso, con il protrarsi del massacro dei gazawhi e le occupazioni da parte di coloni nel territorio della Cisgiordania, un acceso dibattito sui concetti di genocidio e di quelli correlati, di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, pulizia etnica, uccisioni di massa. Gli israeliani pretendono di nascondere le proprie efferatezze dietro la foglia di fico della necessità di «difendersi»; ma, anche se l’avvio alla mattanza è stato dato dal pogrom effettuato da Hamas il 7 ottobre 2023, l’eccesso nella risposta è stato tale (sinora 65.000 morti da azioni militari, di cui quasi un terzo bambini, forse altri 40.000 da mancanza di cure, elettricità, cibo) che il mondo civile comincia a muoversi, con il riconoscimento ormai prevalente di uno Stato palestinese e qualche resipiscenza sull’invio di armi a Israele, contrastata negli USA addirittura dall’arresto dei militari che si sono rifiutati di consegnarle.

Il quadro. Prima di affrontare il tema, ricordiamo, con due semplici mappe, che cosa è successo in Palestina, dai piani delle Nazioni Unite del 1947 (che rispecchiavano la situazione esistente, ma con un numero di abitanti – israeliani e palestinesi – assai inferiore a quello odierno) ad oggi:

In rosso le zone invase e le colonie. Tra le terre palestinesi, le colonie israeliane e le postazioni dell’esercito crescono enormemente. La geografia dell’intera regione è stata e continua ad essere stravolta. Le nuove strade servono direttamente le colonie e tagliano fuori le aree di antica urbanizzazione araba, intere zone palestinesi, sempre più ristrette, non sono più collegate tra loro.

Ricordiamo altresì che, per evitare la formazione di uno Stato palestinese, per anni Netanyahu ha permesso il rafforzamento (il finanziamento e l’armamento) di Hamas; una vera e propria intelligenza col nemico. Egli affermò esplicitamente nel 2019: Chiunque voglia impedire la nascita di uno Stato palestinese [premessa inaccettabile, per larga parte del mondo] deve sostenere il rafforzamento di Hamas. Questo è parte della nostra strategia, dividere i palestinesi tra quelli di Gaza e quelli in Giudea e Samaria».

2, Terminologia. Così come è sempre stata sterminata la capacità umana di infliggere danni ai propri simili, e lo sono state le tecniche utilizzate per raggiungere tale risultato, altrettanto sterminata è la terminologia utilizzata per farvi riferimento. Da guerra, conflitto, scontro armato, e, al loro interno, disastro, massacro, mattanza, macello, carneficina, eccidio, strage, sterminio, ecatombe,  carnaio, carestia. Rogo, autodafé, torture, impiccagione, crocifissione, squartamento, impalamento. Pogrom. Si è parlato di marce della morte, quando chi non ce la faceva più a camminare, ridotto a ‘scheletro’ veniva ucciso o cadeva a terra, sfinito, e lì moriva. E anche per i luoghi nei quali questi delitti venivano (o vengono) commessi, sono molti i nomi comuni e i nomi propri, di luoghi e di persone, che possiamo ricordare: lager, gulag, mattatoi, forni crematori. Fosse comuni. Treni della morte, vagoni piombati. Foibe. E poi Auschwitz, Birkenau, Buchenwald, Treblinka, Sobibor, Bergen Belsen; Hitler, Himmler, Goebbels, Goering; Vorkuta, Siberia, Babi Jar, Katyn; Dresda; Fosse Ardeatine, Stazzema. Hiroshima, Nagasaki; Vietnam, Mý Lai; Cambogia, Pol Pot; Piazza Tienanmen; Sabra e Shatila, assassinio di Rabin; Srebrenica; Siria, Assad; Bucha; Hamas, Gaza, Netanyahu; crescente occupazione della Cisgiordania, con qualche timida opposizione della magistratura e inefficaci misure delle Nazioni Unite.

3. Genocidio. Anche se probabilmente genocidi nella storia ce ne sono stati, la parola, e la relativa definizione, sono recenti. Il termine è stato coniato da Raphael Lemkin, un avvocato polacco-ebraico, nel 1944, nel suo libro Axis Rule in Occupied Europe; da genos, popolo, cui si aggiunge un calco da omi-cidio ec-cidio e simili. I procuratori del Tribunale Militare Internazionale usarono la parola “genocidio” nei loro atti d’accusa contro ventiquattro leader nazisti, anche se allora il termine non era un termine giuridico consolidato. Esso assunse una valenza giuridica precisa, riferendosi ad atti commessi con l’intento di eliminare, in tutto o in parte, un’intera popolazione, oppure singoli gruppi etnici, razziali o religiosi e divenne un crimine internazionale, come stabilito dalla Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Delitto di Genocidio, nel dicembre 1948. Nella presente Convenzione, recita la stessa, per genocidio si intende ciascuno degli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale.

L’adozione di questa convenzione fu in gran parte dovuta all’impegno di Lemkin: alla fine degli anni Cinquanta, l’avevano firmata oltre 65 Stati membri delle Nazioni Unite. Ad aprile 2022, 153 Stati hanno ratificato la Convenzione, che si applica anche a chi non l’ha adottata. Essa riguarda la metodica distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta attraverso lo sterminio degli individui e l’annullamento dei valori e dei documenti culturali del gruppo: musei, biblioteche, archivi, luoghi di culto.

Gli atti che costituiscono un genocidio rientrano in queste categorie:

  • L’uccisione dei membri di un gruppo;
  • Causare o infliggere gravi danni fisici o mentali a tali membri;
  • Infliggere deliberatamente ad un gruppo condizioni di vita tali da provocare la distruzione fisica totalitaria o di parte del gruppo;
  • Imporre misure volte a prevenire le nascite all’interno del gruppo;
  • Il trasferimento forzato di bambini di un gruppo ad un gruppo diverso.[1]

Anche se il termine ha assunto una valenza giuridica solo nel 1948, esso è stato applicato a eventi storici verificatisi precedentemente, come vedremo. L’uso deliberato della fame, come spiega Dacia Maraini che l’ha sperimentata nella sua infanzia giapponese, è tipico dei regimi che vogliono la distruzione del nemico. Non si uccide direttamente; si potrà dire che si è trattato di morti per malattia, di morti naturali.

4. Altri orrori. Esistono altri crimini gravi e violenti che non rientrano nella definizione di genocidio, ma che hanno comunque meritato un’analisi sia giuridica sia lessicale. Si tratta di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, pulizia etnica e uccisioni di massa.

• I crimini di guerra sono gravi violazioni delle leggi e delle consuetudini di guerra che includono, tra gli altri, attacchi contro i civili, la distruzione di beni non giustificati da necessità militari, il trattamento inumano dei prigionieri di guerra, l’uso di armi vietate. Questi crimini sono punibili ai sensi del diritto internazionale, in particolare dello Statuto di Roma, che ha istituito la Corte Penale Internazionale.

• I crimini contro l’umanità sono atti efferati commessi contro popolazioni civili, in modo sistematico e diffuso, e con la consapevolezza di compiere tali atti. Questi crimini sono considerati tra le violazioni più gravi del diritto internazionale e comprendono, tra gli altri, omicidi, sterminio, schiavitù, deportazione, torture, stupri, persecuzioni.

• Pulizia etnica. Programma di eliminazione delle minoranze, realizzato attraverso il loro allontanamento coatto o ricorrendo ad atti di aggressione militare e di violenza, per salvaguardare l’identità e la purezza di un gruppo etnico. L’espressione è stata usata soprattutto in riferimento alla guerra civile nei territori dell’ex Jugoslavia. 

• Uccisioni di massa: si riferisce all’uccisione deliberata e su larga scala di un gran numero di persone, spesso simultaneamente o in tempi ravvicinati. Questo può avvenire in vari contesti, guerre, attacchi terroristici. Il termine può essere usato in modo intercambiabile con strage, eccidio, carneficina, massacro, omicidio di massa.

5. Genocidi del Novecento. Si fanno rientrare nella categoria di genocidio quattro stermini avvenuti nel corso del Novecento nei confronti di quattro gruppi di vittime: gli armeni, da parte dei turchi durante la Grande Guerra, prevalentemente tra il 1915 e il 1916 e in misura minore negli anni successivi, genocidio sempre contestato dai turchi, durante il quale si stima che siano morti tra 1,2 e 1,5 milioni di armeni; gli ebrei (1941-1945) e gli zingari (1941-1945), da parte della Germania nazista; i tutsi e gli hutu moderati in Ruanda (aprile-luglio1994), durante il quale morirono in pochi mesi quasi un milione di persone. Si è usato il termine genocidio anche in relazione al massacro di 8.500/9.000 musulmani a Srebrenica, trent’anni fa (1995).
In Cambogia (1975-1979), i Khmer Rossi guidati da Pol Pot dettero il via a un regime comunista e a un processo di epurazione che causò oltre 1,5 milioni di morti. Gli autori materiali di tale sterminio furono una massa di giovani manovrati da una élite composta da dirigenti politici di formazione stalinista. L’eccidio non si può definire genocidio perché non venne effettuato tra gruppi etnici diversi, ma nello stesso gruppo etnico, tra classi o gruppi politici diversi.                                                                

Vanno ricordati, in tema, il trattamento degli Uiguri (musulmani) da parte dei cinesi, e quello dei tibetani. Nel caso di questi ultimi, peraltro, sembra trattarsi piuttosto di un problema di dominio di tipo coloniale, anche se, per la Cina, l’etnia tibetana è uno dei 56 gruppi etnici ufficialmente riconosciuti dalla Repubblica Popolare Cinese, e la Cina considera il Tibet parte integrante del suo territorio; e quindi l’autonomia dello stesso non trova spazio reale. 

6. Sinonimi o quasi. Vengono utilizzati come sinonimi di genocidio, i termini olocausto e Shoah. Più precisamente, l’olocausto è un sacrificio a una divinità di una vittima – umana o animale – che si bruciava interamente, offrendola in olocausto. Ma anche un sacrificio supremo, nell’ambito di una dedizione totale a motivi sacri o superiori, come in «offrirsi in olocausto per la patria». Con il termine olocausto si indica altresì la persecuzione e lo sterminio totale degli Ebrei da parte del regime nazista. A questo però viene preferito il termine «Shoah», utilizzato di fatto come un nome proprio: un termine ebraico («tempesta devastante», dalla Bibbia, per es. Isaia 47,11 – catastrofe, distruzione. Nella versione della CEI: «Ti verrà addosso una sciagura che non saprai scongiurare; ti cadrà addosso una calamità che non potrai evitare. Su di te piomberà improvvisa una catastrofe che non prevederai») col quale si suole indicare lo sterminio del popolo ebraico durante la Seconda guerra mondiale; è vocabolo preferito a olocausto in quanto non richiama, come quest’ultimo, l’idea di un sacrificio a un dio, o agli dèi. Per numero di morti causati dalla Shoah e per i metodi scientifici e «industriali» impiegati e l’organizzazione sottostante (lager, vagoni piombati, lavori forzati, forni crematori, gas Zyklon B) questo genocidio rappresenta un unicum. Ma ciò non esclude il fatto che ci siano stati altri genocidi.

7. Gaza. E tuttavia, il fatto che la situazione israelo-palestinese non sia paragonabile alla Shoah, non rende affatto implausibile che quanto avviene a Gaza, e forse in Cisgiordania, possa essere considerato un genocidio. Basta leggerne con attenzione la definizione giuridica esposta sopra. Ma sottolineiamo una serie di fattori.                                                                                                                                

(a) La Corte penale internazionale, regolata dallo Statuto di Roma, cui hanno aderito 123 Stati, e che si occupa dei reati attribuibili a individui, ha spiccato mandati di arresto contro Netanyahu e l’ex ministro della difesa israeliano Yoav Gallant (oltre che contro esponenti di Hamas) per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.                                                                                                               

(b) Il 14 novembre 2024, un comitato speciale delle Nazioni Unite ha affermato che i metodi di guerra impiegati da Israele nella Striscia di Gaza «hanno le caratteristiche di un genocidio». Esso ha sottolineato «l’enorme numero di vittime civili» e ha affermato che «le condizioni imposte ai palestinesi sul campo li mettono intenzionalmente in pericolo di vita». La relatrice speciale delle Nazioni Unite Francesca Albanese, che svolge tale funzione dal 2022, documenta quotidianamente gli eccidi perpetrati dalle forze armate israeliane, e per questo è stata sottoposta a sanzioni dal governo degli Stati Uniti, acriticamente vicino al governo israeliano. Non per nulla, secondo Trump, Gaza andrebbe «ripulita» spostando un milione e mezzo/due milioni di persone in Giordania e in Egitto, per farne un resort di lusso. Concorda il ministro israeliano estremista Smotrich. Intanto, per evitare che il mondo sappia troppo, i giornalisti diventano spesso bersagli, o viene loro impedito di entrare a Gaza.  

(c) Nel luglio 2025, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, che si occupa degli Stati, e alla quale aderiscono automaticamente tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite (oggi 193), ha respinto la richiesta di archiviazione avanzata da Israele e ha deciso di procedere nella verifica delle accuse di genocidio mosse dal Sudafrica contro Tel Aviv nell’ambito della guerra a Gaza. Si tratta di una decisione preliminare, che non conferma l’accusa di presunto genocidio commesso ai danni del popolo palestinese, e che richiederà, sul piano processuale, ulteriori accertamenti, ma dotata di un grande valore simbolico e politico. La giudice Joan Donoghue (statunitense) ha riportato diverse dichiarazioni di politici di spicco del governo israeliano, sottolineando che ci sono alcune azioni che «sembrano in grado di rientrare nella convenzione sul genocidio del 1948». Oltre che sul dossier presentato dal Sudafrica, per il loro pronunciamento i giudici si sono basati anche sui rapporti delle Nazioni Uniteche da mesi denunciano i raid nella Striscia e chiedono un cessate il fuoco, mentre a Gaza il bilancio dei morti ha superato, come abbiamo visto, i 65.000 morti solo da azioni di guerra, di cui quasi un terzo bambini. La Donoghue ha detto che la situazione dei bambini a Gaza «è particolarmente straziante» e che un’intera generazione ha subito lutti, privazioni e traumi indicibili. Con 15 voti a favore e 2 contrari, i giudici della Corte hanno inoltre chiesto a Israele di adottare misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura dei servizi di base e dell’assistenza umanitaria nella Striscia. A Tel Aviv è stato dato un mese di tempo per riferire di fronte alla Corte sulle misure prese senza alterare, specificano i magistrati, prove dei presunti crimini commessi a Gaza. Anche se non ha intimato a Israele di cessare il fuoco.                                                                                         

(d) Sono ormai numerosi gli ebrei, della diaspora o israeliani, che non solo si oppongono alla politica di Netanyahu, come Ehud Olmert, primo ministro di Israele dal 2006 al 2009, ma che hanno raggiunto la conclusione che in Palestina sia in corso un genocidio. Mi limito a ricordare il volume di Anna Foa, Il suicidio di Israele, Roma-Bari 2024; e una recente intervista a la Repubblica, di David Grossman, nella quale lo scrittore è arrivato a tale conclusione.

(e) Persino il leader dei democratici al Senato durante l’amministrazione Biden, Chuck Schumer, ferreo sostenitore di Israele (come costantemente lo sono stati gli Stati Uniti), ha detto che gli israeliani sanno «meglio di chiunque altro che Israele non ha speranza di avere successo se diventa un paria contrastato dal resto del mondo». Biden, capace di qualche obiettività, impose sanzioni contro due insediamenti illegali in Cisgiordania per le violenze contro i palestinesi, che l’amministrazione Trump si è affrettata a revocare, mentre gli assassinii in Cisgiordania restano impuniti.

8. Confutazioni. Si è di recente sostenuto che la parola genocidio sarebbe una bandiera dei nemici di Israele e un assunto giuridico «del più indemoniato diritto umanitario». Ma è tale assunto che ha permesso di condannare i nazisti responsabili della Shoah, mentre l’equazione Shoah uguale genocidio, pretende di abolire tutti i genocidi che non siano la Shoah. E non solo; se non c’è genocidio, tendono a scomparire anche, magicamente crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Se si è stati vittime, nella storia, non si potrà mai essere carnefici, anche contro ogni evidenza. Si è arrivati a direche non esiste un solo palestinese vittima in quanto palestinese.                        

I quarantacinquemila  civili adulti uccisi, uomini e donne, i ventimila bambini uccisi, i medici e gli infermieri uccisi, gli ospedali palestinesi  bombardati chissà a quale titolo sono stati uccisi o bombardati. Il che naturalmente non assolve né Hamas, né Enola Gay o Dresda, né, ovviamente, i nazisti.

E l’esercito che crea zone di salvaguardia e fa riunire la popolazione per litigarsi un po’ di cibo, li mitraglia senza motivo, e chi vuole portare aiuti è considerato un terrorista.

9.Il quadro. Ricordiamo un fatto fondamentale: i popoli che oggi abitano questi territori, israeliani e palestinesi, sono tutti semiti e appartenenti a una religione abramitica. Essi dovranno necessariamente convivere, essendo irrealistico e criminale ritenere che si possano deportare o eliminare i milioni di persone che li abitano (anche se milioni di palestinesi vivono già in Giordania). La guerra che si sta combattendo è una guerra civile (se si può definire guerra quella tra un esercito e milioni di civili). Con la dichiarazione Balfour, del 1917, si sosteneva che: «Il governo di Sua Maestà [Britannica] vede con benevolenza l’istituzione in Palestina [della quale aveva il controllo mediante un mandato] di una National Home per il popolo ebraico e farà del suo meglio perché tale fine possa essere raggiunto, rimanendo chiaro che niente deve essere fatto che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni.» Questi diritti, e le relative risoluzioni delle Nazioni Unite, malgrado i tentativi di alcuni statisti illuminati, come Rabin, sono stati costantemente violati. E se i palestinesi hanno troppo spesso dichiarato di volere la Palestina «dal fiume al mare», Israele persegue lo stesso risultato con le armi, con l’occupazione di Gaza, le colonie in Cisgiordania (ovvero in Palestina), e perseguendo  l’annessione della Cisgiordania.[2]


[1] Per la storia del termine vedi, online, Museo dell’Olocausto.

[2] Fonti: ISPI, Treccani, notizie di stampa, Trattati internazionali, mappe N.U., letteratura sul tema.


Oliviero Pesce, economista, saggista e traduttore, ha lavorato presso la Banca Mondiale, la Banca Nazionale del Lavoro, il Consorzio di Credito per le Opere Pubbliche (Crediop) e presso società finanziarie e di investimento. È stato amministratore delegato di banche estere, operando in molti paesi. Traduttore di testi di economia e storia economica, oltre che traduttore e autore di raccolte poetiche, ha scritto numerosi saggi su temi bancari ed economici e saggi storici. Ha tenuto corsi universitari di Management Internazionale ed è socio dell’Istituto Affari Internazionali. 

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